Una chef dall’Abruzzo a Boston. Dal Premio Veronelli al Best Chef in America. Soddisfazioni, alta cucina, fusion e tanti progetti. Incontriamo Marisa Iocco.

Marisa Iocco ha avviato più di 25 ristoranti nella metropoli americana, oltre a quelli di sua proprietà. E’ una vera forza della natura: a Boston dal 1989, si è buttata con coraggio in avventure che hanno sempre riscosso successo. Marisa Iocco esercita e ama da molti anni questo mestiere, con una grande passione per il cibo e per i clienti.

Ha anche scritto un libro di memorie professionali e personali, Every Menu Is A Love Story, un omaggio alla sua terra, l’Abruzzo, e alla sua famiglia. Dopo Galleria Italiana, il suo primo ristorante, La Bettola, South End Galleria, premiati da Food & Wine and Esquire magazine fra i migliori 10 ristoranti in America.

Executive Chef di Bricco, Umbria e Mare e tanti altri in tutta l’area di Boston.

Ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali, per citarne alcuni, “Esquire” tra i “Top Ten Restaurants in America” e per “Conde Nast Traveler” “One of the Top 80 Places in the World to Eat”.
Inoltre Accademia della cucina Italiana, Best Italian chef in America
Abbiamo avuto il piacere di conoscere Marisa Iocco con questa intervista.

Marisa Iocco, perché ha iniziato la sua attività a Boston?

Ho iniziato la mia attività a Boston perchè il senso di avventura è tra le cose che mi caratterizzano. La voglia e la sfida di fare qualcosa di nuovo in un paese completamente estraneo, insomma un po’ l’eccitamento simile a quello di buttarsi con un paracadute con la speranza di ricadere in un bellissimo prato verde, sani e salvi.

Quali sono i ristoranti suoi e quali ha aiutato ad avviare?

I miei ristoranti sono stati tre, insieme a una compagnia di catering: “Galleria italiana”: un’istituzione e un inno alla cucina italiana vera, autentica, un progetto coraggioso per far conoscere piatti di appartenenza alla cucina povera basata su pochi ingredienti, apprezzati per la loro purezza e semplicità. Vedrete che negli anni questa diventerà una moda molto trendy. E’ stato anche un modo per distinguersi dagli altri, rischioso ma molto bello.
Poi c’è il secondo ristorante, “La Bettola”, italiano con accento asiatico, unico nel suo genere, capace di stupire con sapori esotici e presentazioni moderne e ricercate. Ha tanto successo nazionale e gode di un team altrettanto bravo come quello della Galleria italiana. Arriva poi “South End Galleria”, simile alla Galleria Italiana ma in un quartiere ben diverso dall’altro, il South End di Boston.

L’eccesso di lavoro e di responsabilità mi hanno fatto compiere la scelta di vendere i ristoranti e dedicarmi alla parte più creativa (per me in assoluto) che è cucinare, creare nuovi piatti, insegnare alla propria squadra, approfondire la conoscenza dei vini, conoscere tutto di più in dettagli. Diventare quindi una consulente – ristoratrice.

Quanto è stato difficile “sfondare” in questo settore pieno di competitors?

Difficile sfondare, in questo settore come negli altri. La competitività è una carta che rimane la vincente in un paese così cosmopolita come gli Stati Uniti. Però aiuta a stare in linea con i tempi e al passo degli altri e magari a fare sempre meglio. Il segreto è non farsi prendere troppo e stressarsi. Io credo di non averlo ancora imparato del tutto. E’ fondamentale rimanere umili e sempre essere pronti ad imparare, l’arroganza non mi piace affatto. Gli insegnamenti dei mie nonni mi ricordano che con la gentilezza e l’umiltà si può “ottenere molto di più”.

Qual è o quali sono gli elementi della cultura culinaria italiana che si porta sempre dietro nei suoi menù?

Gli elementi fondamentali che mi accompagnano sempre in tutti i miei menù sono i ricordi legati alle emozioni più intense, spesso associate a un profumo o un sapore vissuto da bambina. Essi sono la scintilla delle mie ispirazioni culinarie. Non mancano mai, a condire queste preziose emozioni, un olio d’oliva extravergine di qualità e naturalmente italiano.

Qual è stato il piatto più apprezzato dai suoi clienti americani?

Dipende sempre dal ristorante, se è più classico oppure moderno: per esempio per la clientela americana la mia pasta fresca fatta con farine selezionate con il ragù alla bolognese (classico e sobrio piatto italiano), oppure il risotto, magari con le fragole e prosecco (stravagante e moderno), un budino di pane ai funghi con una crema di parmigiano. Tra i dessert, una cheese cake al cucchiaio con purè di frutti di bosco o un cannolo con crema di ricotta al tiramisù.

Quali premi ha ricevuto come chef e come manager di ristoranti?

I premi sono stati numerosi e gratificanti, fra i miei preferiti e tanto apprezzati: il Premio Veronelli e quello dell’Accademia della Cucina Italiana come Best Chef in America ed altri altrettanto belli e importanti. Però, il premio più importante rimane quello di essere compresi e apprezzati quotidianamente da chi assapora il mio cibo e riconosce i dettagli, l’essenza, l’ingrediente che non predomina ma fa la differenza, il sorriso spontaneo e sincero di una persona che hai appena conosciuto ma ti sembra che già sappia molto di te. In realtà gli hai raccontato parte della tua storia attraverso il cibo che ha appena mangiato, e la storia, la tua storia gli è anche piaciuta. Questo lo trovo prezioso.

Marisa è inoltre coproprietaria del ristorante Spiga Restaurant, qui il link.

Grazie infinite a Marisa Iocco, vi invitiamo ad andarla a trovare a Boston!

Sara Bonfili

Coas fare a South End Boston?