Se Apecchio (Pu) è la “Città della Birra” i motivi sono molti. Vi hanno sede produttiva tre importanti birrifici artigianali, Amarcord, Venere e Collesi. Le ragioni di questa tradizione risiedono nella presenza di acqua con particolari caratteristiche minerali e nel territorio incontaminato dove nascono le ottime materie prime (malto, luppolo) alla base della birra.
Inoltre, è ad Apecchio che è stato inventato il neologismo “alogastronomia” (da “ale”, termine inglese per fermentazione) che indica l’abbinamento tra questa bevanda e i prodotti gastronomici. Qualche esempio? Le tagliatelle al tartufo possono essere smorzate da una buona birra nera, la cacciagione può essere accompagnata da una rossa corposa.

Scopriamo questi motivi con l’Assessore al Turismo e all’Alogastronomia di Apecchio, Massimo Cardellini, che ricopre anche il ruolo di presidente dell’’Associazione Apecchio città del birra’.

“Siamo partiti qualche anno fa con la nominazione della ‘Città della birra’. Il nostro territorio è identificato generalmente con il tartufo, dunque sia per differenziarci sia per arricchire il paniere provinciale e regionale, abbiamo puntato sulla birra. Sono nate ‘l’Associazione Apecchio città della Birra’ e ‘l’Associazione Nazionale Città della Birra’ che raccoglie di comuni italiani che hanno sul loro territorio almeno un birrificio artigianale o agricolo di qualità; di entrambe Apecchio è sede. Naturalmente questo comporta una serie di progetti di marketing territoriale che finora ci hanno ripagati. Per esempio quest’estate le nostre strutture, 29 con circa 600 posti letto, sono state sempre piene.”

Quali sono le iniziative collegate alla birra e al territorio?

“C’è stato il Festival Nazionale dell’Alogastronomia, più che una festa, un incubatore di eventi che hanno a che fare con l’abbinamento birra-cibo-territorio; successivamente è stato inglobato nella Mostra mercato del tartufo e dei prodotti del bosco di Apecchio, evento che ha accolto nel primo weekend di ottobre 4000 visitatori. Siamo appena usciti dal ‘November Fest’, che ha visto la città popolarsi di curiosi, italiani di stranieri. Il turismo straniero è un nostro punto di forza, dato che questo tipo di turista è richiamato dal territorio incontaminato e dalle attività che vi si possono svolgere (passeggiate, trekking, equitazione) ed è molto interessato a scoprire i prodotti tipici, tra cui la birra.”

Terra incontaminata, prodotto di alta qualità

La birra artigianale è a base d’orzo e ha tempi di produzione più lunghi dell’industriale. Con la L. 154/ 28 luglio 2016, negli artt. 35 e 36 si definisce la birra artigianale come non pastorizzata né microfiltrata, prodotta da un piccolo birrificio, cioè un’azienda indipendente da altre, con una produzione massima di 200 mila ettolitri annui, compresa la quantità prodotta per conto di terzi. La legge attende i decreti attuativi, quindi non è ancora prescrittiva.

 

L’acqua pura del Monte Nerone è stata il motivo della scelta del birrificio Amarcord di trasferire la sede produttiva da Rimini ad Apecchio. Amarcord è nata nel 1997 da due appassionati del mondo della birra: da un pub a Rimini l’idea si è trasformata in produzione di birra, prima a San Marino e poi ad Apecchio, quando nel 2009 è stato aperto “il più moderno stabilimento di birra artigianale d’Italia, per attrezzatura e macchinari”.
L’ad Andrea Bagli ci ha rivelato che quest’anno la produzione è stata di 31 mila ettolitri. Si tratta di una delle birre artigianali più venduta in Italia, diretta alla piccola distribuzione e alla GDO.
Bagli ci illustra la gran varietà di prodotti: “Abbiamo una decina di ricette, per birre che coprono vari gusti e ricalcano varie identità, dalle birre di ispirazione belga o americana (che vanno molto di moda ultimamente), alla spina inglese, a birre dal marcato gusto mitteleuropeo. Abbiamo cercato di ricalcare quelli che sono i migliori esempi di produzione artigianale di qualità. La birra artigianale si riconosce sulla tavola: l’esperienza sensoriale, al naso, alla vista e al gusto, rimane unica”.

Per Giuseppe Collesi, titolare del Birrificio Collesi (con sede a Pian della Serra, Apecchio http://www.collesi.com), la birra è il prodotto di punta dell’azienda dal 2007, che si dedica anche a distillati e liquori. La birra, prodotta con orzo proprio, subisce una doppia fermentazione, in autoclave e in bottiglia, la seconda molto simile a quella del metodo champenois per lo Champagne; non è pastorizzata né filtrata e ciò incide sull’opacità e la naturalezza dell’aroma.
Il prodotto si differenzia tra piccola e grande distribuzione: si può scegliere tra bionda a 6 gradi, ambrata a 7 gradi e mezzo, rossa a 8 gradi, nera a 8 gradi, bionda triplo malto a 9 gradi, un’IPA a 8 gradi e mezzo e blanche a 5 gradi aromatizzata con scorza di limone e arancia. Per la GDO vi sono tre tipologie: bionda, ambrata, rossa, con luppolo e lievito differenti dalle precedenti.
Collesi è stato anche tra i fondatori dell’Associazione e gli ideatori dell’alogastronomia. Credendo fortemente del marketing territoriale, ci dice, collabora con il Comune per la valorizzazione del comprensorio, convinto che la riscoperta dei territori negli ultimi anni abbandonati sia il vero primo passo dell’uscita dalla crisi e della ricerca del giusto stile di vita.

Giacomo Rossi, titolare della birra Venere (con sede dell’azienda e dell’agriturismo a Cà Cirigiolo, Apecchio, www.cacirigiolo.it e www.birravenere.com) ci racconta la storia dell’azienda e del suo prodotto.

“Il nostro birrificio nasce circa tre anni fa; è tra i più piccoli d’Italia per la birra artigianale agricola, prodotta con il nostro orzo fatto maltare naturalmente in un piccolo maltificio. Proponiamo quattro varietà: la bionda stile Pale Ale, la rossa, stile Bitter, la nera stile Stout e l’ambrata stile India Pale Ale o IPA che è una rielaborazione originale di un nostro mastro birraio che abbiamo chiamato APA come ‘Apecchio Pale Ale’. Sono birre non molto alcoliche, sotto ai 5 gradi, non molto luppolate. Anche se quest’anno aumentiamo la produzione, restiamo sempre in dimensioni ridotte, per intenderci con una potenzialità massima di 40 mila litri all’anno, 4000 bottiglie al mese. Ci sforziamo di essere ecocompatibili: la nostra energia deriva da pannelli fotovoltaici a tetto, e recuperiamo gli scarti della produzione per nutrire gli animali della nostra azienda agricola, collegata all’agriturismo Ca’ Cerigiolo”.

Come avete fatto a diffondere il marchio in così poco tempo?

“Oltre alla pubblicità e alla distribuzione, puntiamo molto alla sponsorizzazione di iniziative che riguardano la musica rinascimentale e l’arte, che sono le mie passioni, anche fuori regione. E collaboriamo naturalmente con gli altri birrifici di Apecchio.

 

*Ringraziando i protagonisti di questa intervista, vi invitiamo a scoprire da vicino la città della birra e i suoi gioielli.

Sara Bonfili