Chi mi conosce sa che sono una frequentatrice di concerti e una appassionata di mostre ed eventi; tra l’altro sono collaboratrice della rivista Artribune, ma ho scritto su doppiozero.com, a vari siti e giornali locali.
Mi è capitato spesso di intervistare in musei, sale concerti, chiostri, teatri, spazi espositivi (per la verità anche tra le Dolomiti). Ho sicuramente sbagliato, ai miei inizi, luci e inquadrature della telecamera, o fotocamera, ma con l’esperienza ho imparato alcuni segreti.
Ecco i miei consigli per fotografare (o inquadrare) nei musei e nelle sale al chiuso e portare a casa un servizio fotografico ottimale.
Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme, leggi l’articolo>>
1 – Se c’è, sfruttare la luce naturale
Con le giornate corte di inverno è meglio sfruttare la mattinata, poiché la luce nel pomeriggio calerà presto. Osservare bene dove son finestre, lucernari, corridoi e aperture. D’estate potrete essere più tranquilli. Con la luce naturale tutto verrà più facile.
Ci sono posti, come i palazzi storici o i castelli, in cui esterno e interno possono essere ugualmente affascinanti, e spesso corrispondono. Terrazzi, cortili, ponti levatoi e chiostri possono venir meglio in foto con la luce naturale ottimale: giocate con i suoi effetti.
Castel Roncolo, guarda il video>>
2- Conoscere l’illuminazione artificiale
Quando l’illuminazione è artificiale bisogna fare attenzione:
– Ai neon: ci sono delle frequenze di luce che in fotocamera creano uno spiacevole effetto rigato nei video, che purtroppo non può essere corretto. Ci sono neon che fanno cambiar colore alla fotografia finale, controllate bene.
– Ai riflessi sui vetri delle opere d’arte (da sfruttare anche a favore come ad esempio sulle teche dei musei che racchiudono fossili o reperti archeologici).
– Al proprio riflesso: posizionatevi dove non comparite riflessi nel vetro o nella superficie a specchio. A meno che vogliate prorpio questo effetto!
– Se è poca: portate con voi un faretto che sarà utilissimo. A volte i musei sono buii ma le opere ben illuminate. Questo può giocare a vostro favore per farvi realizzare una foto di grande impatto.
Museo del Somaro, leggi l’articolo>>
3- Usare un monopiede o un cavalletto
Non vi fidate del vostro polso fermo. Avete tutto lo spazio per posizionarvi bene con un cavalletto.
Usate sempre un treppiedi (io utilizzo il classico Manfrotto) che vi aiuta a giocare con le lunghe esposizioni, e comunque a fare una fotografia ben inquadrata, con l’orizzonte dritto e limpida.
Il cavalletto è indispensabile per i video: vi consente anche di fare un’intervista da soli o uno stand up per far emergere l’ambientazione.
Museion, leggi l’articolo>>
4- Conoscere l’esposizione
E’ sempre meglio scattare una foto leggermente sottoesposta piuttosto che sovraesposta, perché parete schiarirla poi. Giocate con le lunghe esposizioni che vi consentiranno di cogliere gli spostamenti dei soggetti in visita al museo o al concerto, rendendoli sfocati o quasi trasparenti, per “anestetizzare” gli elementi di disturbo.
Inoltre, importantissimo, sfocare i volti delle persone presenti è anche una richiesta di privacy: non dovrete chiedere l’autorizzazione a nessuno o cancellare i volti in post-produzione.
Mole Vanvitelliana, leggi l’articolo>>
5- Non dimenticare i dettagli importanti
Dunque, siate almeno un po’ giornalisti dentro.
Se state facendo il video di una mostra, non potete dimenticare di inquadrare ingresso, locandina o colophon, per avere in una immagine tutti i contatti. Se sono presenti curatore, autore, sponsor, vanno inquadrati/fatografati.
Se tra le opere c’è un pezzo forte, discusso, atteso o che so io… dovete inquadrarlo o fotografarlo.
Se un palazzo o una sede ha un elemento architettonico particolare, o un punto misterioso, un simbolo… non dimenticatelo.
Fotografate le biografie o le didascalie che non avete il tempo di memorizzare, un consiglio da amica!
EXTRA: Pensate sempre a un piano B e improvvisate
Se il treppiedi non c’è, se vi si rompe, se dovete correr via per qualsiasi ragione, se stanno chiudendo il museo, se c’è troppa gente che vi ostacola: dovete essere pronti a una soluzione d’emergenza, per portare a casa il servizio.
Pensate, ad esempio, a dove appoggiarvi se siete in una buona posizione ma precaria: balaustra, sedia, panca o bordo del palchetto in teatro.
Mi è successo spesso di infilarmi tra la gente e guadagnare la prima fila con la scusa di una foto. Mi è capitato di scattare appoggiata al muro dietro agli altri in un palchetto affollato. Addirittura di allungare le mani in alto per guadagnare spazio, come ad esempio all’Aquila durante la convention jazz post-sisma.
Siate nascosti tra la folla se dovete cogliere un elemento, scattate il più possibile.
Siate pronti a cogliere i momenti. Nel caso dei concerti, gli assoli, gli interplay, le presentazioni, i momenti buffi, i saluti finali. Nel caso delle mostre la giusta inquadratura senza pubblico, o due visitatori che guardano affascinati o un bimbo che corre (inquadrato da dietro naturalmente). Insomma, pensate alla Legge di Murphy: “Se qualcosa può andar male, lo farà!”
Che ne penste dei miei consigli? commenti?
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Grazie e alla prossima!
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