Insieme a quelle di Chicago e Boston (che ricordiamo per il tragico attentato del 15 aprile 2013) è la corsa podistica più famosa d’America.
Il 1970 è stato l’anno della prima maratona. Si corre la prima domenica del mese di novembre. Oltre 50mila i corridori di quest’anno. Il vincitore assoluto è stato Stanley Biwott (Kenya) con un tempo di 2:10:34 e la vincitrice Mary Keitany (Kenya) con un tempo di 2:24:25. Sono stati fatti 1725 video, visibili nella pagina web dell’organizzazione ufficiale, dei partecipanti alla Maratona. Ci sono programmi di solidarietà, sponsor, collaboratori, volontari, media-partners infiniti, collegati a questo evento straordinario.
Mancano esattamente 345 giorni e 4 ore alla prossima maratona di New York del 6 novembre 2016. Così abbiamo tutto il tempo per allenarci… e farci ispirare da questo racconto di Sofia, 33 anni, residente a NYC da 11 anni. Anche lei ha partecipato alla mitica maratona del 1 novembre 2015.
Sofia, cosa significa correre 42 km e oltre?
Correre 42 km in 5 ore e 41 minuti è una sensazione unica, e una grandissima fatica. Corri su ponti di New York, su ponti che normalmente sono chiusi ai pedoni, dove non passeresti mai a piedi in altre occasioni. Quindi questo è anzi tutto un modo per conoscere un volto della città che non vedi mai. Una delle cose più belle è che ci sono due milioni di persone in strada che quel giorno ti reputano il tuo eroe. In quel giorno ti senti l’eroe degli adulti, dei bambini che ti danno l’high-five.
Qual è il tragitto della maratona?
La gara parte con l’inno di New York. Si passa attraverso cinque distretti della città, partendo da Staten Island, si fa il ponte Verrazzano. Poi si continua per Brooklyn che è lunghissima, ha tantissimi neighborhoods, quartieri. Bay Ridge, Sunset Park, Bedford Stuyvesand, Williamsbourg, Greenpoint. Quando arrivi a Four Green c’è il coro gospel che esce, e canta per te… Poi arrivi al Queens e da lì hai la visione dell’intero skyline di Manhattan.
Poi attraversi il Queensboro Bridge, che è il ponte che collega il Queens a Manhattan. E lì ti assale letteralmente la folla. Poi arrivi nel Bronx e ci sono i rapper che hanno un palco dove si esibiscono. Passi ad Harlem, fino al Central Park, dove finisce fino al ristorante Tavern on The Green. Un’esperienza di vita unica, al di là di tutto.
Quali pensieri ti possono gironzolare nella testa mentre corri una maratona?
You know, you go through so many emotions! Un momento sei alle stelle, un momento vorresti cadere a terra, lasciarti andare, ti senti morire. Poi succede una magia, ti riprendi, se cadi ti rialzi, perché c’è qualcuno che ti dà la speranza, perché vedi gli occhi di un bambino, il sorriso di qualcuno, perché vedi una persona più anziana di te che continua, nonostante la fatica, gli acciacchi, il dolore. La maratona è come la vita: credi di crollare e poi ti rialzi.
Cosa ti ha insegnato la corsa?
Correre è una metafora del vivere. Crolli, non ce la fai più. E invece dietro l’angolo accade qualcosa che ti cambia la visione. Correre ti insegna a tenere duro, ti insegna che è tutto nella tua testa, e se ti convinci che puoi farcela, ce la farai.
La maratona è una gran fatica. Non ha niente a che fare con nessun altra attività atletica, e l’allenamento è tremendo.
Ma la sensazione della finish-line è unica, impagabile. Uno sforzo e un allenamento enorme, ma sono veramente felice di averlo fatto!
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