Triste record per gli Usa. Purtroppo, in relazione alla densità di popolazione, sono il paese più colpito dal Covid-19 (leggi l’approfondimento). New York lo stato più infettato. Oltre settemila le vittime da quando si è aperta l’emergenza, da pochi giorni, visto che un paio di settimane fa tutte le attività economiche erano ancora in fermento. Sono oltre 300.000 casi negli Stati Uniti di cui 100.000 sono localizzati nello stato di New York. Di questi, come ben si immagina,  l’80% sono a New York City.

 

Abbiamo raccolto le testimonianze di nostri amici che ci parlano da oltre oceano e dalle principali capitali europee. Lo abbiamo fatto per capire cosa vuol dire, davvero, vivere oggi nelle megalopoli colpite dalla pandemia.

Il ponte di Brooklyn e la bassa Manhattan. Foto @wikipedia

New York City

Central Park, la Fifth Avenue, di solito una delle vie più frequentate di New York, downtown, Lower Manhattan, la zona finanziaria. Tutti vuoti e desolati.

La stazione più fotografata di New York, Grand Central Station, a Midtown Manhattan, è disertata dai viaggiatori, e controllata dalla polizia.

I supermercati a downtown presi d’assalto, con gli scaffali di beni di prima necessità, carta igienica, amuchina e detergenti, completamente “spazzolati”. Vuoti. Li si compra generalmente su Amazon con prezzi decuplicati.

scaffali in un supermarket a New York City

Scaffali vuoti in un supermarket a New York City

Questa la testimonianza di Sofia, italiana trasferita da oltre un decennio nella Grande Mela a Manhattan, alla domanda “Sofia si può uscire? La gente ha paura?”

“La città e’ praticamente deserta. Ci sono persone che ancora escono a prendere una boccata di aria, a fare jogging, per andare in farmacia o al supermercato. Ma al di là di ciò, tutti stanno a casa, e sono milioni di persone. Sono uscita qualche giorno fa perché dovevo fare delle commissioni e ho visto in giro solo essential workers (operai e fattorini ndr).”

“Quali sono le tue esperienze con i malati di covid-19?”

“I genitori di una mia amica sono entrambi positivi. Ogni due secondi si sente una ambulanza. La situazione è davvero drammatica, si dice che ci vorranno altre dieci settimane qui per superare l’emergenza. Detto ciò , se qualcuno vuole uscire, lo può ancora fare perché non c’è polizia per strada che controlli le autocertificazioni, ancora, ma soltanto le raccomandazioni federali di stare in casa il più possibile.”

“Si trovano mascherine e dpi?”

“Si comprano online. Noi civili abbiamo comprato delle mascherine che porteremo negli ospedali che stanno finendo i materiali necessari. Io ne porterò 100 a un centro di raccolta qui vicino che poi le distribuirà all’ospedale.”

 

Manhattan, Central Park South

Manhattan ai tempi del covid-19 ph.di Sofia Falleroni

 

Manhattan ai tempi del covid-19

 

Manhattan ai tempi del covid-19

 

La Grand Central a Manhattan è deserta, nei giorni del covid-19

 

Barcellona

panorama di Barcellona

Barcellona dal Tibidabo, con l’omonimo parco giochi e la chiesa del Sacro Cuore (ne abbiamo parlato qui)

 

Abbiamo molti amici a Barcellona. Madrid è stata rappresentata dai media di casa nostra, forse per la sua difficile reazione all’emergenza coronavirus. Ma della capitale catalana la tv italiana non ha detto.

Sono oltre quindicimila, a oggi, le vittime di coronavirus in Spagna. In poche settimane, hanno raggiunto il triste primato che ha avuto l’Italia, prima a scoprire il coronavirus orientale in Europa, purtroppo.

un angolo di Barcellona ai tempi del covid-19

Un angolo di Barcellona ai tempi del covid-19

Manuel, fotografo freelance che vive a Barcellona, ci spiega che gli ospedali son pieni ma non ancora saturati, la situazione è importante ma non compromessa come sentiamo noi in tv, di chi parla da Madrid.  Le strade, dice, sono naturalmente semi deserte.

 

La via Diagonal a Barcellona ai tempi del covid-19. Ph. di Manuel Giron Perez

 

Questa, ed esempio, è la via Diagonal, una bretella importante della città, sempre frequentata da mezzi, da centinaia di impiegati che raggiungono qui uffici e aziende e da runner che la amano poiché è una via alberata. Una strada grande e bella, che taglia da sud a nord Barcellona, qui fotografata all’angolo di Calle Valencia. Come si può notare, in questi giorni è deserta.

Manuel, qual è la tua percezione del problema covid-19 a Barcellona?

“Anche da noi come in Europa il problema sono i posti nelle terapie intensive, che sono una decina, e con la popolazione che si ammala tutta insieme, non sono nulla”, ricorda Manuel. E purtroppo, ci dice, il suo lavoro è fermo.

A Barcellona si sono organizzati prima, anche se le direttive sanitarie son arrivate dal governo centrale, ma i mezzi medici erano già pronti. Resta il fatto che medici e operatori sono messi a rischio e a dura prova, proprio come in Italia. Come mi raccontano le mie amiche ostetriche, che lavorano ogni giorno con la paura di portarsi a casa il virus. “Se ce ne fosse bisogno, anche io dovrei aiutare le terapie o le urgenze, come una semplice infermiera, e lasciare il mio reparto” , dice Miriam, “comadrona” (ostetrica).
“Con la paura costante di essere infettata e infettare le mie pazienti gestanti, che si trovano in una condizione particolarmente delicata”. E mi rivela: “Ho una mascherina che disinfetto, e riutilizzo, la tengo nella borsetta come un tesoro”. Ecco, quali sono oggi le nostre reali ricchezze.

 

Sant Andreu, quartiere di Barcellona, ai tempi del covid-19

Sant Andreu, quartiere di Barcellona, ai tempi del covid-19

 

A Barcellona conosciamo anche Enrico, che vive nella capitale catalana da diversi anni, ed è dipendente di una grande azienda.

“Abito ormai da due anni e mezzo in un quartiere di tranquilla e piacevole periferia, Sant Andreu, ed è passato quasi un mese dall’ultima volta che ne sono uscito.  Il mio ultimo viaggio in metropolitana risale al 12 marzo, ma ripensandoci ora mi appare assai più remoto!”

Come è cambiata la tua vita nelle ultime settimane barcellonesi?

“Vivo solo, e in un certo senso il mio bilocale è stato travolto dal telelavoro, che avevo sempre declinato anche davanti alla possibilità di scegliere. Esco solo per la spesa, due o tre giri di rifornimento concentrati nel fine settimana, a piedi, e il frammento di quartiere che riesco a scorgere è diversissimo da come l’avevo sempre visto, gli spazi dilatati dall’improvvisa assenza dei residenti. Le cassiere del “super” sono le sole anime vive con le quali scambio due parole oltre gli schermi, le videochiamate, e le chat. Chiuso in queste due stanze, anche la mia percezione del mondo esterno è confinata alle notizie di giornali e telegiornali.”

Come accade a New York, anche in Spagna i cittadini si danno appuntamento sui balconi per appaludire gli operatori sanitari…

“Già. Gli abitanti del mio quartiere, che non vedo da quando a metà marzo è stato dichiarato lo stato d’emergenza in tutta la Spagna, si manifestano puntualmente verso le otto di sera, per il consueto applauso al personale sanitario dai balconi. E una presenza che riempie l’aria come prima i corpi riempivano le strade, che si animavano già dalle cinque del pomeriggio”.

Quell’applauso mi conferma che il mio immediato vicinato è reattivo e cosciente della situazione. So perfettamente che questo gesto si ripete di isolato in isolato per tutta Barcellona, e so anche che la natura stessa del confinamento mi impedirà di testimoniare quell’applauso in un qualunque altro punto della città. Per il bene di tutti, sappiamo tutti di essere chiamati a mantenere la posizione.”

 

Parigi

Parigi, rue Ordener, aprile 2020. Un'insegna alla fermata dell'autobus ringrazia il personale sanitario.

Parigi, rue Ordener, aprile 2020. Un’insegna alla fermata dell’autobus ringrazia il personale sanitario.

Andiamo idealmente a Parigi, dove quartieri densamente popolati, oggi apparentemente vuoti, manifestano la stessa atmosfera delle altre capitali europee. Giovanni è un nostro amico musicista che vive nella ville-lumière con la famiglia da tanti anni.

Giovanni, dacci un’istantanea della città.

“A Parigi le strade sono deserte, silenziose,in questi giorni; il cielo pulito e puro come mai in epoca moderna”.

Quali prescrizioni e divieti ha messo in atto lo stato?

“Qua i provvedimenti anti-coronavirus sono simili a quelli applicati in Italia, con la differenza che sono stati presi due settimane dopo rispetto all’Italia e non gradualmente, ma tutti insieme (probabilmente facendo bagaglio dell’esperienza italiana). Indire comunque le elezioni municipali due giorni prima dell’applicazione dei provvedimenti, a mio parere, è stato un errore madornale, che ha sicuramente portato a moltissimi contagi che potevano evitarsi.”

Come è stata annunciata alla nazione l’emergenza covid-19?

“La retorica del presidente, nei due discorsi tenuti alla nazione, faceva uso continuamente della frase “siamo in guerra”: Macron, reduce da mesi di dura battaglia politica prima con i ‘gilets jaunes’ e poi per la legge sulle pensioni, ha probabilmente voluto preparare il popolo francese alle restrizioni delle libertà, necessarie per poter applicare i provvedimenti anti-coronavirus, facendo un parallelo alquanto mistificatorio tra gli eventi attuali e la guerra”.

Come ti sembra stia reagendo la popolazione parigina?

“Ogni sera alle ore 20.00 si aprono le finestre per applaudire tutto il personale sanitario, intensamente impegnato per far fronte a questa grave crisi. Qualcuno espone drappi per ringraziare anche il personale della nettezza urbana e dei supermercati. La stragrande maggioranza della popolazione accetta e rispetta i provvedimenti imposti dal governo. Nuove pratiche si instaurano per strada: cortesia, benevolenza, a volte ci si saluta tra sconosciuti”.

 

parigi

Parigi, Boulevard Barbès ai tempi del covid-19

 

Parigi, Montmartre, aprile 2020.

Parigi, Montmartre, aprile 2020. Di solito queste scalinate sono dense di turisti, che visitano uno dei luoghi più noti della città.

Roma

I malati di #coronavirus dell’intero Lazio rappresentano un numero basso rispetto alla media in Italia.

Roma ha lo Spallanzani come centro di ricerca d’eccellenza da cui provengono ultimamente buone notizie. Ma recentemente la città è stata colpita da una brutta notizia, la scomparsa di Giorgio Guastamacchia, poliziotto della scorta del Premier Giuseppe Conte. Che infatti nei giorni scorsi si era sottoposto a tampone.

Anche nella capitale si vive in quarantena.

Pietro, collega giornalista de “Il Tempo” e “L’Occidentale” ci racconta: “Continuo a lavorare anche se praticamente il 50% del lavoro è stato annullato, poihé si trattava di interventi in Tv e convegni. Sono molto ligio alle regole, quindi esco di casa una o due volte alla settimana per fare la spesa, andare dal tabaccacio, accendere la macchina e buttare la spazzatura”

Com’è la gente attorno a te, ligia alle prescrizioni?

“Ti dico in realtà che ho notato che rispetto alla settimana scorsa, quando Roma era veramente vuota, ieri c’era molta più gente in giro”.

Sarà forse per l’aria primaverile. Ma l’emergenza coronavirus non è di certo terminata.

Roma, Cristoforo Colombo deserta. La foto fa il giro di facebook

Roma senza traffico non si era mai vista.

Tranquilla, con le distanze cittadine che finalmente sono tornate alla loro vera dimensione, con “un certo innegabile fascino” secondo Alessandra, una nostra amica proprietaria del B&b Mi.Rò, proprio in Viale Mazzini. Ma non si tratta di normalità, come si sa bene.

David, Flavio e le gatte in casa, tra vita domestica e lavoro

David, Flavio e le gatte in casa, tra vita domestica e lavoro per Ceramica Utol, ai tempi del covid-19

Ascoltiamo la testimonianza di Flavio, romano a lungo in Trentino, che è tornato nella sua città natale proprio negli ultimi mesi, per avviare una nuova attività.

Flavio, curatore d’arte e libero professionista ci parla del silenzio di Roma, della stranezza di vederla deserta. “Continuiamo a lavorare da casa, al nostro progetto di ceramiche (se sei curioso, QUI il link alla pagina Instagram), e aspettiamo la fine dell’emergenza, attenendoci alle regole”.

Flavio, si riesce a lavorare da casa?

“Con il mio compagno David abbiamo lasciato la Val di Fassa e posti sicuri che ci piacevano per trasferirci a Roma, dove volevamo aprire un laboratorio artigianale, con due lavori part-time e un locale adatto, eravamo pronti a partire… Ora sappiamo che si tratta di una pausa momentanea e stiamo infatti producendo da casa: abbiamo il tornio e il forno della ceramica in salotto!”

Inviandoci queste foto, scattate dalla finestra, che testimoniano l’apparente staticità di una angolo nascosto della città eterna, Flavio conclude con saggezza “abbiamo conoscenti colpiti, purtroppo, dal coronavirus e ci sentiamo molto fortunati a poter passare le nostre giornate in quarantena così e non in ospedale”.

 

 

Sara Bonfili

 

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