Riaprire “il file” di Srebrenica. Un’operazione fondamentale, per non dimenticare. Un reportage foto-giornalistico ci fa entrare nel vivo della strage di musulmani bosniaci avvenuta nel 1995 durante la guerra di Bosnia e Erzegovina, per mano delle truppe serbo-bosniache di Ratko Mladic.

“Around Srebrenica. Viaggio attraverso i Balcani, 20 anni dopo” è la mostra fotografica, partita da Udine nel 2016, realizzata dal fotoreporter Alessandro Coccolo che ha scattato e dalla giornalista udinese Simonetta Di Zanutto, che scritto i testi di accompagnamento.

L’esposizione è diventata itinerante ed è stata nella libreria Pangea di Padova, nella Gipsoteca di Pisa, nelle scuole di Lido di Camaiore, Firenze e Siena in occasione del Balkan Florence Express e di nuovo in altre due scuole di Udine.

Simonetta Di Zanutto è una giornalista, ha un blog di viaggi in cui parla di luoghi geografici e culturali; è appassionata di Balcani e di Europa dell’Est. L’abbiamo intervistata per chiederle del suo impatto con la vicenda storica di Srebrenica e di come l’ha raccontata.

 

Simonetta, come mai un reportage su Srebrenica?

La prima domanda che io stessa mi sono fatta è perché un viaggio a Srebrenica. Viaggiare nei Balcani per me ha poco senso se non ci si sforza di conoscere e provare a capire anche la complicata storia di questi popoli, compreso i tragici anni ’90 che hanno segnano il destino di questi luoghi. Per questo motivo, ho sempre voluto visitare Srebrenica. E per questo motivo non ho potuto fare a meno di andarci – per la prima volta – proprio in occasione di una delle giornate più intense, l’11 luglio 2015, a 20 anni esatti dal massacro che vide morire in pochi giorni ottomila musulmani bosniaci per mano dei serbi bosniaci. Un genocidio secondo l’Aja, contestato – nelle parole e nei numeri – dalla Serbia e dai serbo bosniaci. E quindi un anniversario importante e delicato, vissuto con molte tensioni.

È molto probabile che tornerò a Srebrenica, in una delle 364 giornate qualsiasi, ma l’11 luglio 2015 era storico e ho voluto essere lì. Il reportage è nato dopo: non è stato pensato a tavolino, ma è stato deciso al ritorno. Ho conosciuto il fotografo Alessandro Coccolo durante questo viaggio e lui al ritorno mi ha proposto di provare a unire le mie parole alle sue immagini, per provare a raccontare quello che avevamo visto e quello che avevamo provato.

In quanto tempo è stato realizzato il lavoro?

Il lavoro è cominciato ad agosto, un mese dopo il nostro rientro e la mostra è stata inaugurata a fine gennaio 2016. Ci sono voluti un po’ di mese per mettere insieme il materiale, dare un ordine agli appunti, decidere il taglio che doveva avere la narrazione e poi ovviamente scegliere e stampare le foto e i pannelli con il testo. Io mi sono occupata di scrivere il testo dei dieci pannelli che ha accompagnato le trenta foto esposte. Un modo per condurre i visitatori nel viaggio insieme a noi.

Chi avete incontrato e intervistato?

L’idea della mostra nasce proprio dalla quantità enorme di storie e di cose viste durante il viaggio e cerca di delineare un percorso nella complessa e aggrovigliata narrazione degli eventi che caratterizza le terre a est del profondo Nordest italiano, così vicine ma ancora poco conosciute e frequentate. Le immagini e le parole del reportage si soffermano sulla cerimonia dell’11 luglio al memoriale di Potocari ma documentano anche le commemorazioni serbe di Petrovdan e raccontano la complessità della storia balcanica passando attraverso i villaggi di confine poco noti alle cronache ma dove si sono consumati alcuni tra i più violenti scontri etnici del conflitto.

Avete scoperto dei retroscena importanti?

Dal lavoro degli antropologi del centro di identificazione delle persone scomparse di Tuzla la mostra riflette anche sugli scheletri della memoria presenti nei villaggi di Bratunac e Zvornik nella Bosnia orientale, senza tralasciare le terre croate di confine, su cui si staglia il memoriale di Jasenovac, testimone di un passato ancora più lontano che sembra essere rimasto inascoltato.

Perché si parla così poco dell’eccidio (o meglio genocidio) di Srebrenica?

Non lo so, me lo sono sempre chiesta anch’io. Forse perché la Bosnia-Erzegovina non è al centro di grandi interessi economici. Se n’è parlato poco anche al tempo in cui successe. Probabilmente tutti noi ci ricordiamo dove eravamo l’11 settembre 2001, ma nessuno di noi si ricorda dov’era l’11 luglio 1995.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Il primo è quello di viaggiare il più possibile, per provare a conoscere e a capire luoghi e culture di tutto il mondo, che poi provo a raccontare nel mio blog Ritagli di Viaggio. Sicuramente continuerò a viaggiare nei Balcani, che amo moltissimo e che riservano sempre moltissime sorprese. Con il fotografo Alessandro Coccolo ho realizzato da poco un’altra mostra “The Jungle. Viaggio al termine dell’Europa” ( http://ritaglidiviaggio.it/2017/04/19/the-jungle-viaggio-al-termine-delleuropa/), che raccolta una storia di viaggio a due passi da casa nostra.

la presentazione della mostra agli studenti.

Dopo la pubblicazione della guida turistica sulla capitale bulgara, “Sofia e dintorni” con l’editore Odòs, proseguirà anche questa attività di redazione di guide di viaggio che mi ha entusiasmato moltissimo e che mi ha dato molte soddisfazioni.