Il regno delle leggende, l’habitat delle marmotte, il paese dei rifugi in alta montagna, il reame di cervi e camosci. Le cime acuminate, la roccia rosea che si fa infuocata all’ora del tramonto, durante quel fenomeno chiamato “enrosadira”. Sono le Dolomiti, patrimonio dell’UNESCO.

L'ingreso del rifugio Vayolet

L’ingreso del rifugio Vajolet

Per chi ama camminare, scalare, l’aria pura, l’acqua gelata dei torrenti, qualsiasi sport. Per chi ama gustare i veri sapori della tradizione e provare a fare cose un po’ dimenticate, dalla mungitura a fare il formaggio, dall’ascoltare la banda del paese a veder sfilare il carnevale ladino, il Trentino Alto Adige è il massimo. Noi siamo andati in Val di Fassa, d’inverno la mecca di sciatori e d’estate di vacanzieri “verdi”.

Staccare davvero qui è possibile. Spegnere il cellulare, non guardare l’orologio se non per controllare quando si parte ed entro quando tornare a valle, per evitare il buio. Oppure, per non sbagliare,

specialmente se si arrampica e si deve essere in alta quota di prima mattina, si dorme nei rifugi, a oltre 2000 metri. Solo nella zona del Catinaccio ci sono 20 rifugi alpini.

Il gruppo del Catinaccio o Rosengarten (o “giardino delle rose” in tedesco, appunto a forma di grande “catino” e da una delle leggende compilate da Karl Felix Wolff) è tra i nove massicci dolomitici riconosciuti quale patrimonio naturale dell’umanità da parte dell’Unesco.

Per vederlo “da vicino” si poteva raggiungere il Gardeccia con gli autobus (sono vietate le automobili) mantra in seguito a modifiche di viabilità si sale con la seggiovia di Pera di Fassa, per poi essere in uno dei punti panoramici più famosi delle Dolomiti.

Da qui iniziano innumerevoli escursioni, per esempio verso le Torri del Vajolet, il lago d’Antermoia e l’Antermoia, dove iniziano vie ferrate e d’arrampicata.  Oppure si può raggiungere la conca del Ciampedie con la funivia Vigo-Ciampedie, per ammirare il Catinaccio, le Torri del Vajolet e il Larsech, il gruppo del Sassolungo, il Gruppo del Sella, i Monzoni e poter continuare la passeggiata.

Passeggiare

Una gran classica è l’escursione su terreno sassoso verso i rifugi Vajolet e Vajolet Preuss (2244 m) e poi fino al rifugio Passo Principe (2599 m), da cui si può ammirare una delle montagne più imponenti, l’Antermoia, ed andarci in cima attraverso una ferrata abbastanza semplice (però con un finale in cresta che mette alla prova e non va sottovalutato).

Si può passeggiare ovunque semplicemente per godere del panorama o dei profumi del bosco. E fare una cosa per nulla vietata, ma un po’ forte: immergersi nei torrenti o nei laghetti di montagna, per riprendersi dalla fatica.

Anche gli amanti della mountain bike e della bici da strada naturalmente trovano pane per i loro denti, dalle ciclabili, dai percorsi in fondovalle alle uscite in pendenza, sempre su tracciati debitamente segnalati e curati. Così come gli alpinisti, per i quali esistono guide aggiornatissime che possono spiegare molto meglio di noi.

Anche chi resta in valle gode della vivacità di cafè e negozietti, quindi la località è senz’altro adatta a tutti. La vacanza è fatta anche di sapori e odori, alcuni dei quali si trovano solo qui: canederli, spätzle, salumi e formaggi di malga, pane casereccio, patate saltate con polenta e stinco di maiale, strudel, annaffiati da vini a non finire.

Ci sono sempre attività per bambini da fare in valle o in montagna, accompagnati dalle guide alpine, che coniugano divertimento e insegnamento, per conoscere la flora e la fauna, le impronte di cervi, camosci, caprioli e volpi, le caratteristiche del bosco: queste passeggiate e giochi organizzati sono sempre segnalati negli opuscoli più diffusi, dalle guide turistiche dell’apt al periodico “Fassa News”.

A proposito di Guide Apine, parliamo con Marco Bozzetta,  Guida Alpina Internazionale, Maestro di alpinismo, Istruttore nazionale delle guide alpine, accademico del Club Alpino Italiano dal 1997, chiedendogli di raccontare il suo percorso umano e professionale:

La guida alpina Marco Bozzetta

La guida alpina Marco Bozzetta

“Mio padre mi portava nei boschi e pescare in Val Moena o sul fiume Avisio.

In questi luoghi ho iniziato ad apprezzare la montagna sotto il punto di vista naturalistico, ne ho imparato il rispetto e a capirne i pericoli. Ho arrampicato la prima volta a sei anni per puro caso grazie a un amico di mio padre che gestiva il rifugio Santner al Catinaccio, e da lì è nata la passione e la mia crescente sete d’avventura è stata colmata dall’arrampicata. Da adulto ho pensato di trasformare questa mia vocazione anche in un mestiere, così voglio definire la mia professione. Ho dedicato molte energie e grande entusiasmo per la creazione della mia figura professionale dedicandomi per anni con dedizione a questo scopo e oggi posso ritenermi veramente soddisfatto.”

Abbiamo chiesto quali sono gli insegnamenti che può fornire “dall’alto” della sua esperienza…

“Oggi per me l’insegnamento nei miei corsi di vario genere e gli accompagnamenti che svolgo ogni giorno con i miei clienti sono di vitale importanza, non solo sotto il lato economico, ma anche sotto quello intellettuale. Insegnare e trasmettere la passione e il rispetto per l’ambiente montano mi rende fiero e per così dire ‘socialmente utile’. Cerco di impegnarmi molto nel far capire alle persone che la montagna è in grado di regalare molte cose che la frenetica società moderna non è in grado di offrire e se è vero che lo stress sta diventando la malattia del futuro, allora la montagna e le attività connesse fra cui anche il mio mestiere ne saranno la cura.”

… e infine le mete da non perdere nelle montagne trentine:

“Consiglio il Catinaccio, teatro dei miei giochi di bambino e il sottogruppo dei dirupi di Larsec, dove si respira ancora l’aria dei pionieri dell’alpinismo. Il Lagorai, per i suoi colori – le rocce scure vulcaniche, il verde dei boschi e l’azzurro dei laghi – e per il fatto di rappresentare al massimo l’essenza della vita e della natura”.

La catena del Lagorai

Sulle tracce della Grande Guerra

Ringraziando tantissimo Marco, torniamo a noi. Abbiamo scelto alcuni itinerati tematici di trekking, da consigliare atutti, dato il recente centenario della Prima Guerra Mondiale: dalla Marmolada al passo Selle alcune zone delle Dolomiti sono piene di trince, costruzioni e camminatoi risalenti a quel periodo.

Ad esempio dal Passo San Pellegrino abbiamo raggiunto il passo delle Selle, dopo esser saliti in seggiovia, e da lì sulle creste di Costabella inizia la ferrata Bepi Zac, molto semplice ma davvero affascinante: dentro e fuori nella cresta, attraverso scalette e trincee, si entra negli osservatori, nei ricoveri dei soldati con i resti di letti e arredi, in zone dove è allestita una mostra fotografica, fino alla cima Campagnaccia, cima Costabella, e forcella Ciadin, dove finisce il sentiero e si può scendere a piedi lungo un ghiaione. Se si vuole, si può proseguire raggiungendo cima Uomo, ma qui la ferrata si fa molto più impegnativa ed esposta.

Emozionante, come un altro percorso storico, il Sentiero Gino Badia, che si può raggiungere dalla Val Monzoni, conca dell’Ort, e da passo delle Selle in poi ci porta in un ambiente costellato di resti di baracche e di trincee.

Consigliamo di visitare il sito ufficiale dell’ apt FASSA.COM per avere un’idea delle mille vacanze che si possono vivere in Val di Fassa: noi abbiamo giusto dato qualche spunto.

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