Leggo e rileggo Viaggio in Sardegna. Undici percorsi nell’isola che non si vede di Michela Murgia, edito da Einaudi nel 2008.
Non è una guida. Non è un racconto ruffiano stereotipato. Lo leggo perché conosco bene alcune zone della Sardegna ma ne voglio conoscere sempre di più. Lo leggo e lo rileggo perché è un concentrato di itinerari di viaggio non conosciuti, e lo leggo perché non vedo l’ora di partire, diciamolo pure.
Magari per farmi un bagno popolare in Costa Smeralda (Guarda la mia guida).
Lo leggo perché mi fido di Michela Murgia, come sarda, la apprezzo molto come donna, come scrittrice, come intellettuale.
Diciamo una delle più eminenti, una di quelle che non si è lasciata travolgere dall’etichetta “giovane scrittrice”, e ora che è cresciuta, non si è fatta appiattire da quella di “femminista”. Eppure è stata un po’ strumentalizzata, in vari modi, e credo lo sarà di più ora che è scomparsa.
(Chissà perché ci piacciono così tanto le etichette, tanto da farne un motore economico, quello dei TAG. Invece gli intellettuali non sono etichettabili, i liberi spiriti non lo sono, i veri giornalisti neppure. Si scrive per essere liberi, si scrive perché il nostro cuore ce lo richiede. Tutto il resto è artigianato).
Insomma, per me che non sono una critica ma sono pure sempre una che ha concluso un Dottorato in filologia e italianistica con una tesi in letteratura italiana contemporanea, è una non meteora, una delle poche scrittrici (-ori) che si possono continuare sempre a tenere in gran considerazione (mi verrebbero alcuni esempi negativi che non cito, invece) dopo tanti anni.
Viaggio in Sardegna consiste in undici località per dieci temi, perché i numeri reali, come dice la Murgia, non sono mai tondi.
E’ uscito nella collana ET Geografie, e questo ci indica cos’è e cosa non è. Non è una guida, non è romanzata, è non-fiction di quella buona, misto a saggiastica di viaggio. La collana contiene opere dalle simili aspirazioni, compilate da ciceroni “scelti” (Fernando Pessoa che parla di Lisbona, Roberto Bertinetti che descrive Londra e Danilo Manera che racconta Cuba, per esempio!).
La Murgia titola i vari capitoli: “Alterità“,”Pietra”, “Arte”, “Confine”, “Fede”, “Suoni”, “Indipendenza”,“Cibo” “Acqua”, “Narrazioni”, “Femminilità”, e li usa per raccogliere storie comuni di uomini e luoghi, che fanno unica la Sardegna.
E inoltre, da buona scrittrice, Michela Murgia docu menta il libro riportando le esperienze di famosi scrittori di viaggio, da Valery a Balzac, da D.H. Lawrence a Elio Vittorini.
Colto, quindi, ma non difficile. Lo stile della Murgia è elegante, il piglio interessante e riconoscibile, la lotta contro gli stereotipi è un’intenzione tutta sua, di ridare dignità alla vera isola. Contro gli stereotipi di genere, anche, contro quelli classisti dei “pastori” a uso dei turisti e delle “baronie”…. e tanto altro ancora.
«chi viene in Sardegna con l’aspettativa di trovare facili corrispondenze al verosimile, rischia di fluire naturalmente nel ruscello artificiale di un agriturismo, dove gli organizzeranno volentieri quello che cercava, ottenendo il paradossale risultato di renderlo soddisfatto di aver visto quel che non esiste, mentre gli è sfuggito tutto ciò che non era predisposto a vedere, soltanto perché non è stato mai narrato prima» (dal libro).
Qualche località citata e reinterpretata? Orgosolo, città dei murales, Berchidda paesino sperduto patria del jazz grazie a Paolo Fresu, tutti i luoghi in cui si possono scoprire i nuraghi, la Barbagia dei pastori “a uso e consumo dei turisti” e dei rapimenti emuti e raccontati. Di alcune abbiamo già parlato in precedenti articoli e in un video reportage.
Una lezione, quella della Murgia, per chi ragiona per stereotipi.
Ti ho convinto?
0 commenti