Diamo il benvenuto a Samuele Semenzato, che ospitiamo qui, con un articolo firmato QUAL BUON VENETO MEDIA HOUSE (*in fondo trovate tutti i riferimenti).

Samuele ci racconta questa Venezia, spopolata e silenziosa, dell’epoca del covid-19.

Ecco il suo articolo

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fondamenta di Cannaregio

Quando si pensa a Venezia, non si può non associarla al vivere, al godersi la vita. Del passato conosciamo feste, gozzoviglie e bagordi. Conosciamo anche eleganza, arte e spirito imprenditoriale. E il presente, almeno il ricordo del presente, seppur non glorioso come in passato, ci restituiva una città viva, divertente, ammaliante, affascinante.

Il continuo vociare tra le calli, lavoratori instancabili con le barche tra i canali, turisti desiderosi di farsi prendere dall’atmosfera cittadina, turisti mordi e fuggi interessanti solo a Piazza San Marco. Respirare il profumo del pane appena sfornato, guardare con l’acquolina in bocca i tramezzini e i cicchetti veneziani.
Ora invece c’è solo silenzio, nessun vocio, nessun profumo, nessuna speranza.
Calle o Corte del Basegò. A pochi passi dai Rio Novo. Dorsoduro

Calle o Corte del Basegò. A pochi passi dai Rio Novo. Dorsoduro

Il lento declino della città è visibile, tangibile, angosciante. Quello che preoccupa è la mancanza di prospettiva. Ciò che ha sempre caratterizzato i veneziani, i veneti, cioè la volontà di darsi da fare e di non demordere, sta venendo a mancare; forse in preda allo sconforto, alla delusione, all’illusione di un’estate non indimenticabile ma che sembrava essere punto di partenza per la rinascita.
In tutto questo le vetrine oscurate, le serrande abbassate, fanno da contorno all’aria tetra, surreale, che si respira.
Ora Venezia ha bisogno di aiuto, perché Venezia è di tutti, ma è dimenticata da tutti.

vista dal Ponte dei Pugni, nei pressi di Campo San Barnaba. Dorsoduro

Debora Gusson, consulente storica, che fa anche parte del progetto Coven Venice Project:
“Venezia: arte e turismo, in un binomio che negli anni si è allontanato dalla valorizzazione per lasciare il posto ad una grigia città che vive dei fasti passati.
Solo pochi, purtroppo, si sono presi a carico la sua anima. L’amore incondizionato per la città e la professionalità sono le chiavi. Serve una riqualificazione attiva e mirata, con la volontà di far conoscere il territorio e Venezia, cercando di scuotere gli animi e mantenendo viva una città che di morire proprio non ha voglia.”
Sara Montefusco, guida turistica e creatrice di tour, di Tell a Story Venice e Vivo Venetia:
“Quando penso a Venezia, il perché ho scelto questo lavoro, cosa mi trasmette, penso alla convivialità . Al piacere di far incontrare il turista anzi l’ospite con le realtà locali, con le persone che ci vivono con la nostra quotidianità reale, non creata per loro, farli immergere nello stile di vita Veneziano autentico .
Poi è arrivata la pandemia e con essa la paura. Tutto ciò che prima era conviviale si è trasformato in asociale.
Durante il primo lockdown e subito dopo non poter stringerci la mano, non poter parlare con gli artigiani o esercenti con tranquillità, non poter visitare un museo, una chiesa, non poter berci assieme anche un semplice un caffè. Questa parentesi ci ha portato a distaccarci da quella che era la nostra normalità, una normalità così importante a Venezia.
La scorsa estate le cose sono cambiate moltissimo, mi sono trovata a lavorare con piacere per un pubblico, diciamo, locale.
Le persone delle zone limitrofe hanno cominciato a voler vedere con nuovi occhi quello che hanno dato per anni per scontato, visite al Palazzo Ducale, agli artigiani, alle isole con vocazione agricola come Sant’erasmo, alle visite serali a tema leggendario.
Ora siamo di nuovo in stand-bye, e la nostra speranza è che la prossima stagione sia un mix tra “locali” e “ foresti” come diciamo qui. Spero che questa “pausa “ abbiamo portato ad avere più rispetto, curiosità nel voler scoprire la città e che questo momento di crisi sia succeduto da un momento di consapevolezza e di voglia di vivere la laguna”.
venezia

vista di San Giorgio da Piazza San Marco

Graziano Dal Fabbro di Venezia360:
“Su di un cerchio, ogni punto d’inizio può anche essere un punto di fine, scriveva Eraclito. E in ogni fine è implicito un nuovo inizio.
Venezia sta soffrendo, sta gridando il suo dolore e si affanna nel rincorrere un passato recente che non riuscirà più a raggiungere, non nell’immediato per lo meno. E guardare al passato, impedisce di rivolgere lo sguardo verso nuove prospettive.
Lasciamoci alle spalle le calli affollate e impraticabili per le troppe persone, i chioschi edicola che non vendevano più giornali ma solo souvenir rigorosamente “made in China”, i venditori abusivi di dardi e di improbabili borsette di Vuitton, Chanel e Cèline di pessima fattura, i picnic dei turisti in Piazza San Marco (addirittura con pentole e fornelli) .
Venezia rinascerà perché in ogni fine è implicito un nuovo inizio. Facciamo sì che sia un buon inizio“.
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Web: www.venezia360.com

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Ecco il video di QUAL BUON VENETO MEDIA HOUSE