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Indagare alla vecchia maniera
Lo scrittore culto del cosiddetto noir metropolitano, Paolo Roversi, è uscito da poco con un nuovo libro che è già in ristampa. Il primo caso del suo nuovo protagonista, un commissario di polizia molto demodé e introspettivo che avrebbe incantato gli amanti di Maigret. Non che gli somigli fisicamente, tutt’altro, ma vi si avvicina per le varie debolezze che caratterizzavano il personaggio di Simenon rendendolo così unico, umano e potenzialmente “seriale”.
Il commissario Luca Botero è alle prese con un complesso rompicapo per trovare la mano che ha assassinato un noto avvocato di Milano e alla sua “vecchia maniera” saprà sciogliere tutti gli enigmi.
E proprio Alla vecchia maniera. Il primo caso del commissario Botero è il titolo di questo giallo Mondadori che sapientemente, come altri scrittori contemporanei come Fabrizio Carcano e Rosa Teruzzi, ambienta i fatti nel centro metropolitano lombardo.
Se serie tv e fiction ci hanno abituato all’uso della tecnologia più avanzata al servizio di squadre speciali e Scientifica, scordatevi fuochi d’artificio e capriole ad alta definizione. Qui tutto si svela con lentezza, in modo pratico e deduttivo, attraverso l’attenta osservazione del dettaglio, con i tempi e le debolezze dell’uomo, nel modo dei detective angloamericani di letteraria memoria.
Paolo Roversi – Alla vecchia maniera. Il primo caso del commissario Botero
L’importanza del ragionamento deduttivo
Il commissario Botero è per vicende personali alieno alla tecnologia, e per non essere tagliato fuori, ma anche per sopravvivere ai ritmi di Milano, ha affinato il fiuto e il ragionamento deduttivo per poter dipanare le nebbie delle sue indagini anche quando gli indizi alla mano sono pochissimi. Grazie alle sue doti “fuori dal tempo” il Questore lo interpella per i casi più complicati, insieme alla sua squadra variegata e affiatata, ma soprattutto tarata sui modi e le manie di Botero.
Come in tutti i romanzi contemporanei che si rispettino, c’è anche una donna che fa scaturire la trama e la cui presenza è leggermente destabilizzante per il protagonista. Niente sesso, niente trama amorosa, solo un dolce “profumo di donna” anch’esso molto demodé e accattivante…
Lo stile
Roversi costruisce un nuovo personaggio, per cambiare stile e non ripetersi, dopo le serie del giornalista hacker Enrico Radeschi e della profiler Gaia Virgili.
L’autore de La confraternita delle ossa racconta in varie interviste di esser stato ispirato dal silenzio che in alcuni quartieri di Milano si ascoltava nei giorni dell’Expo 2015. Riappropriandosi di una città che non corre – o sale – più, citando il famoso dipinto di Umberto Boccioni dedicato a Milano, ecco che l’autore ha creato il suo Luca Botero, rimasto con abiti, mezzi e mentalità agli anni Settanta.
Roversi riesce a rendere interessante questo libro fino alla fine, creando dialoghi realistici, senza mai calcare la mano su gerghi o dettagli “da malavita”.
Contrapponendo nelle indagini vecchia e nuova guardia, riesce a far riflettere i meno giovani su quel mondo analogico non così remoto, che pure in pochi anni è stato spazzato via dal digitale, e per cui è lecito avere qualche nostalgia. Cosa fare quando i cellulari non funzionano, i dati non si incrociano, gli algoritmi fanno flop? E soprattutto, come funziona il nostro cervello, il cervello di un detective? Come un computer o piuttosto come quello di un essere che viene a volte risvegliato da intuizioni e associazioni di idee?
Se siete amanti del giallo italiano, ve lo consigliamo, per una lettura, come dire, defatigante! Il resto non lo riveliamo, ma sappiamo per ammissione dell’autore che ci sarà un secondo tempo per questo nuovo affascinante protagonista.
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