Un libro da leggere per conoscere il viaggiatore più sedentario eppur avventuroso della letteratura italiana del Novecento

Dalla giornata di studi “Giorgio Manganelli e il viaggio” organizzata dall’Università di Macerata nel 2015, prende le mosse l’omonimo volume edito da Artemide a febbraio 2017.

Giorgio Manganelli e il viaggio esplora le prospettive letterarie e narrative alla base dei numerosi viaggi compiuti da Manganelli nel corso della sua lunga carriera di narratore. Il volume Giorgio Manganelli e il viaggio è curato da Sara Bonfili e Giampaolo Vincenzi, rispettivamente PhD in italianistica e docente di Teoria della traduzione all’università di Macerata, pubblicato grazie all’iniziativa dei professori Marcello Verdenelli e Andrea Rondini, e al contributo dell’Università di Macerata.

Manganelli con la figlia Lietta

Manganelli con la figlia Lietta

La costruzione del percorso fisico sulle fondamenta della peregrinazione intellettuale, sia essa interiore, catabatica, acronica o impossibile, può indifferentemente svilupparsi come variante del reportage giornalistico, prassi di ricerca filologica, o vero e proprio modello di conoscenza del mondo, anche di quell’universo interiore funestato da nevrosi che trovano requie proprio grazie al viaggio.

 

Ogni immersione nella lettura di Giorgio Manganelli comporta un sintomo, una certa vertigine provocata dalle parole con cui lo scrittore, solito esprimersi tramite sostituzioni e digressioni, insistenze sulle soglie e i mondi liminali, scardinamenti e ridefinizioni, ellissi e iperboli funamboliche, racconta i propri viaggi.

 

Ogni viaggio comincia con un vagheggiamento e si conclude con un invece.

(Giorgio Manganelli)

In questa esplorazione, immagini metaforiche come “fascinazione dell’ossimoro”, “scrittura cicatricosa”, “robustezza dei contrari”, oltre a tentare di definire lo stile di Manganelli, sono coordinate da considerare per ben riposizionarsi sulla mappa geografica del grande scrittore milanese.

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Giorgio Manganelli e il viaggio Alla scoperta di un autore che vale la pena ricordare